Riccardo III, il re che ha ispirato l’omonimo dramma di Shakespeare, morì a soli 32 anni nel 1485 e dei suoi resti non si seppe più nulla sino al 2012, anno in cui ci fu un’eccezionale scoperta archeologica. Nel 2012 infatti vennero ritrovati, nei pressi di un parcheggio a Leicester, tra i resti di un convento Francescano, alcuni resti scheletrici che, in base anche alle ricostruzioni storiche, sarebbero potute appartenere a Riccardo III.
Un eccellente team di scienziati dell’Università di Leicester ne ha studiato sia il Dna, in particolare il mitocondriale, che rientra nell’eredità matrilineare, e quello legato al cromosoma Y, che segue invece la linea paterna.
Confrontando questi dati con i quelli elaborati dai profili di alcuni discendenti, attualmente in vita, che si sono resi disponibili, hanno riscontrato il match atteso. In questo imponente studio, è stato possibile constatare che le famiglie reali non erano “immuni” dall’infedeltà, in altre parole, è possibile che alcuni re non lo furono di diritto e per discendenza da un punto di vista “genetico”.